Incontro giovani universitari
UN GRANELLO DI SENAPE
Un gruppo di giovani delle parrocchie di San Raffaele e del Crocifisso, universitari e lavoratori nati fra il 2001 ed il 2004, hanno scelto di camminare insieme alla scoperta della propria vocazione in compagnia di Gesù. Con loro, alcuni adulti e i nostri sacerdoti si sono messi al servizio di questo miracolo.
L’esperienza ha il nome “Il granello di senape”: il più piccolo dei semi, ma si sa che da esso nasce un albero così grande da poter accogliere tutti.
Il circolo Anspi della parrocchia di San Raffaele è il luogo abituale dell’incontro mensile. Ci si ritrova di sabato mattina alle 10:30 e con calma, tra un dolcetto ed un caffè, si fa colazione insieme, ci si prende il tempo per salutarsi e raccontarsi la vita che si sta facendo, poi dalle 11:00 un paio di ore a disposizione per quello che è il cuore della mattinata: l’incontro con Gesù Parola, nell’ascolto del Vangelo della domenica che si avvicina.
Il percorso di questo primo anno ha visto i giovani confrontarsi sul senso della propria vocazione. Quello che abbiamo iniziato il mese scorso sarà un percorso orientato alla riscoperta del nocciolo della nostra fede, per farla maturare nel suo essenziale, per sperimentare come l’affidare a Gesù la propria vita sia la chiave di volta per essere significativi nel mondo, per vivere in esso da salvati e per dare questa bella notizia a chiunque incontriamo. Cara comunità, prega per questi tuoi figli!
Elena, Michela, Stefano
La libertà sessuale dei ragazzi.
«La libertà sessuale dei ragazzi. Com’è difficile trovare le parole per parlarne»
Che cosa si può dire ad una ragazza di 18 anni che ti viene a raccontare, con libertà e forse con candore, che è andata a letto alcune volte con un suo coetaneo non per amore, ma per provare. Che dopo di ciò, non lo ha più cercato perché temeva che lui iniziasse a provare qualcosa per lei. E che non può dirlo ai suoi genitori perché, secondo lei, ne farebbero una tragedia esagerata?
Come suora che lavora in oratorio e prova a stare accanto agli adolescenti, mi sono sentita di richiamarla a un esercizio della sessualità più ragionato e meno banale, ma mi sono accorta che le mie parole risultavano stonate anche a me, perché non facevano presa su questa ragazza, per altre cose così matura e profonda.
Mi sembrava di ripetere qualcosa che sì, è giusto e riafferma un valore, ma forse non coglie qualcosa dei ragazzi di oggi. Io ho solo una decina di anni più di questa ragazza, ma stento a trovare le parole giuste. (suor Cristina)
risponde Fabrizio Fantoni, Psicologo e psicoterapeuta (su F.C. 8/2022)
Cara suor Cristina, è già un bene che questa ragazza sia venuta a parlarle, forse sentendo che avrebbe trovato in lei un’ascoltatrice attenta e sensibile, prima ancora che un adulto che dice la sua, anche a fin di bene.
Questa ragazza ha capito che lei l’avrebbe ascoltata fino in fondo, senza interromperla e senza dare giudizi. Perché solo con questo nostro silenzio senza interruzioni possiamo pensare che i ragazzi saranno poi disponibili ad ascoltare quanto gli diremo.
Perché questa adolescente è venuta a raccontarle la sua storia?
Forse per mettere ordine nei suoi pensieri, forse perché ha intuito che la comunicazione attraverso il sesso può attivare sentimenti ed emozioni intensi che vanno oltre il piacere fisico e la novità dell’esperienza. Tant’è che si è ritirata quando si è accorta che il ragazzo iniziava a sentire per lei un’attrazione non solo sessuale.
Proprio da questo forse si può partire per rendere più vicino a questa ragazza l’invito a una sessualità “meno banale”, come lei giustamente sottolinea.
I gesti del sesso sono “parole” forti e intense, rivolte a un’altra persona. Sono incontro con una persona fisicamente e mentalmente differente.
Che cosa voleva dire questa ragazza? Ha tenuto conto che quanto lei comunicava a quel ragazzo poteva diventare l’occasione per uno scambio profondo? Che in quei momenti guardarsi negli occhi apre una prospettiva più ampia che si può cogliere soltanto se lo scambio riguarda anche i sentimenti reciproci?
Allora con questa ragazza si può cercare di ricordare che il piacere provato, che sembra già grande, può esserlo molto di più se si colloca all’interno di una prospettiva di amore: una conoscenza profonda dell’altro, uno scambio di pensieri e di emozioni, una scelta reciproca, non confinata nello spazio angusto dei pochi giorni trascorsi insieme.
Allora forse si aprirà in questa ragazza una prospettiva differente: una disponibilità alla riflessione morale, una rinnovata profondità.
Imparare ad amarsi
Da: Messaggero di sant’Antonio dicembre 2021
«Cari Edoardo e Chiara, sono una giovane donna di 31 anni, fidanzata da sette. Vi scrivo perché da qualche mese io e il mio fidanzato abbiamo deciso di sposarci. Ovviamente in me prevale la gioia per un passaggio di vita così bello e importante, ma non vi nascondo che c’è anche un po’ di timore che le cose possano non andare bene. Le mie paure nascono un po’ perché in questi sette anni ci sono stati dei passaggi faticosi nella nostra relazione che in un’occasione, un paio di anni fa, ci avevano portato anche a lasciarci per poi decidere di riprovarci poche settimane dopo. A questo si è aggiunto che dei miei carissimi zii, che per me sono stati come dei secondi genitori, hanno da poco annunciato la loro separazione. Entrambi, ai miei occhi di nipote, erano delle persone mature e impegnate in parrocchia con un percorso di fede significativo. A oggi faccio fatica a credere che mio zio, persona pacata, di cultura e di fede, abbia deciso di lasciare mia zia per un’altra donna. A volte mi chiedo come mai certe coppie, apparentemente senza grandi sforzi, restino tutta una vita assieme, mentre altre no. Mi domando se sia una questione di fortuna, oppure se dipenda da una relazione più tranquilla in cui non si pretende troppo dal partner, o da altro ancora. Vorrei sapere, in vista della scelta di sposarmi, quali sono gli elementi che permettono di capire se una coppia può durare nel tempo». (Una lettrice)
La risposta di Edoardo e Chiara
Imparare ad amarsi
Cara lettrice, ci regali un’occasione d’oro per condividere alcune conoscenze che andrebbero gridate dai tetti dei palazzi delle nostre città, per diffonderle a quante più coppie possibile.
Per risponderti, attingeremo a piene mani dai risultati dei decenni di studi sulla relazione di coppia svolti dai coniugi Gottman (psicologi americani, che hanno dedicato la loro vita alla ricerca sulla relazione amorosa, incontrando migliaia di coppie lungo gli anni).
Loro affermano che, sapendo a quali aspetti prestare attenzione, basta assistere a qualche minuto di discussione di una coppia che non si trova d’accordo su una qualche questione, per predire, con quasi totale certezza, se quella relazione è destinata a finire o meno.
Si è visto, infatti, che l’alta probabilità di separazione in una coppia è dovuta alla presenza, durante i momenti di confronto, di uno o più dei «quattro cavalieri dell’apocalisse», cioè: critica, difesa, disprezzo, ostruzionismo.
- Per critica si intende il lamentarsi, l’emettere giudizi sul proprio partner, il colpevolizzare invece che esprimere i propri sentimenti e bisogni in prima persona singolare, in modo propositivo. La persona che vive un’emozione spiacevole legata alla relazione dovrebbe dire i propri sentimenti, i propri bisogni affettivi e ciò che concretamente desidera che il partner faccia, invece che criticare.
- Per difesa s’intende quel modo di auto-proteggersi assumendo il ruolo di vittima e indignandosi dell’altro, invece di assumersi responsabilmente anche solo una parte del problema. La relazione di coppia è il risultato di una collaborazione in cui ognuno di noi ha piccole o grandi responsabilità. È bene concentrarsi su queste, invece che identificarsi con il ruolo passivo e auto giustificante di vittima.
- Il disprezzo è una forma più grave di critica, che nasce da una posizione di presunta superiorità (questo è l’indicatore più grave di divorzio). L’antidoto al disprezzo è costruire, all’interno della coppia, una cultura dell’apprezzamento e del rispetto reciproco.
- L’ostruzionismo è il ritiro emotivo dall’interazione: si verifica quando un partner è emotivamente distaccato, non condivide più, rimanendo chiuso nel proprio mutismo invece di imparare ad auto-consolarsi al fine di rimanere emotivamente connessa al proprio partner.
Ma tutto ciò non basta. Ci sono infatti ulteriori aspetti da tenere sempre presenti:
- Esprimere la rabbia a livello comportamentale, diventando aggressivi, non ha un effetto calmante, anzi, alimenta ulteriormente il vissuto di rabbia in sé e nell’altro, innescando una catena di reazioni sempre più violente.
- Le buone relazioni di coppia non sono quelle in cui si trovano soluzioni ai problemi, ma quelle in cui i membri continuano a parlarne e rimangono emotivamente disponibili. Si è calcolato che, solitamente, il 69 per cento dei problemi di coppia sono irrisolvibili, perché legati a differenze radicate. Quindi conta di più la capacità di riconnettersi emotivamente, che non quella di evitare di litigare.
- In una relazione in cui si sta bene vi è una espressione di apprezzamenti e sentimenti positivi in proporzione di 5 a 1 rispetto alle critiche e ai sentimenti negativi.
Cara lettrice, molti altri sono i dati empirici che ci offrono i coniugi Gottman, e ovviamente non possiamo elencarli tutti, ma ti auguriamo che tu insieme al tuo futuro marito possiate scoprire cosa funziona e cosa non funziona nella vostra relazione e umilmente mettervi in apprendistato dell’arte di amare ed essere amati.
Non ci si sposa perché ci si ama, ma per imparare ad amarsi.
Edoardo e Chiara Vian
Messaggero di sant’Antonio dicembre 2021
Cercando…TE – Incontri per i giovani | Avvento 2015
Cercando… TE! – Incontri di avvento per i giovani della parrocchia
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